martedì 7 agosto 2012

"Impiegato per hobby" di Enrico Martelloni - In viaggio per la vittoria parte 5


Finalmente rassegnati e rasserenati, partirono in direzione Milano. A San Siro arrivarono per tempo. L’allenatore aveva già consumato dieci block notes per fare la formazione, prima anti Carrarese, poi anti Perugia, Torino e ultimo anti Milan. “Ma che faccio??” pensò disperato per un attimo “Come gioco, gioco, tanto cosa posso fare contro quelli là?”. Il sorriso riaffiorò schiarendogli il volto quasi subito: anche avesse subito dieci reti a zero, chi gli avrebbe mai detto qualcosa? “Mister, i due portieri sono fuori uso” provvide ad informarlo l’allenatore in seconda. “Non si sono ripresi da quelle frenate improvvise e mi sa tanto che il viaggio ha peggiorato le cose, li guardi” Veniva da piangere a vederli ridotti così. “Ci penso io, non ci sono problemi” proruppe il primo dirigente della squadra. “Telefono a Berlusconi e ci si fa prestare un portiere, lo ha già fatto per la Juventus. Uno sportman come il Cavaliere, non lo negherà”. “Grazie Cavaliere, grazie mille!” s’accomiatò al telefonino il solito dirigente e poi rivolgendosi verso l’allenatore disse “Ecco fatto, parlerà a Zio Fester. Avremo un portiere per tutto il campionato. Che colpo eh?” Nello spogliatoio dello stadio tutto era pronto, anche se le gambe non c’erano per l’emozione. Bussarono alla porta. “E’ l’arbitro” “No, sarà il portiere di Berlusconi” “Come già qui?” Infatti, sulla porta d’ingresso chi, cari amici, ci poteva essere? So che lo avete immaginato, proprio lui, il portiere d’Arcore, con tanto di berretto e livrea. Affermate che era scontato? I commenti sprezzanti e risentiti che sortirono dallo spogliatoio, non sono da riportare, anche in un paese libero come il nostro. “Vorrà dire che il portiere lo farai tu” disse esasperato l’allenatore, indicando il centravanti. “E all’attacco?” chiese deluso il numero nove “Pensi che ce ne sarà bisogno con quelli là?” rispose il Mister. Sfiduciati i ragazzi cercarono guardandosi negli occhi di riprendersi dallo smarrimento, erano pur sempre giocatori dell’A.C. Prato! A quel punto l’arbitro entrò nello spogliatoio richiamando tutti alla sua attenzione. Fece il rituale controllo dei tesserati e via pronti per scendere in campo. Nel corridoio che portava sul terreno di gioco risuonava il ticchettio dei tasselli delle scarpe sportive come il rimbalzare di perle sfilate da una collana sul pavimento. Al momento di entrare in campo una vampata di caldo avvolse gli atleti. Usciti dal tunnel al verde manto erboso, gli spalti erano desolatamente vuoti: non c’era nessuno. Erano, forse, tutti al mare. Solo due cicale in tribuna d’onore cantavano oziose in quel torrido caldo del pomeriggio. Al fischio d’inizio della gara, le urla degli allenatori in panchina e quella dei giocatori, riecheggiavano in un’atmosfera irreale dentro lo stadio vuoto. Poco dopo l’inizio della gara, però, un formicolio di tifosi iniziò timidamente e poi sempre più freneticamente a riempire la tribuna dietro la porta del centrattacco dell’A.C. Prato. Apparvero gli striscioni bianco e azzurro, uno dopo l’altro. I tifosi si fecero sempre più numerosi; dovevano essere più di ventimila, secondo l’ultimo censimento ufficiale, al grido, forte, chiaro e ben cadenzato di “...Plato! Plato! Plato!”. 


Fine del bestiale racconto

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