martedì 8 maggio 2012

Tv - Due parole su "Touch": la teoria dietro la serie


"Touch", nota serie della Fox trasmessa in questo periodo (anche in Italia, praticamente in contemporanea su satellite) racconta le vicende di un vedovo e del difficile rapporto di questi col figlio autistico, ma soprattutto tratta delle interconnessioni tra le persone e delle coincidenze, che come un filo invisibile legano ognuno di noi a chiunque altro, ovunque esso sia. Per fare ciò, utilizza non solo la leva dei buoni sentimenti ma alcune interessanti teorie matematiche, tra cui la famosa sequenza di Fibonacci. Naturalmente il tutto è romanzato, ed in modo splendido, dal buon Tim Kring, lo stesso ideatore di “Heroes“. Quindi garanzia di grande qualità in quanto a sceneggiature; gli attori scelti poi, tra cui spicca Kiefer Sutherland, offrono interpretazioni vibranti e realistiche. Ma è soprattutto sulle tematiche che vorrei soffermarmi: la serie parla essenzialmente di quello che, agli occhi di molti, si definisce ‘caso‘. Un insieme di fatti fortuiti, messi uno dietro l'altro, a formare un'effetto domino al quale nessuno può sottrarsi. Altri lo chiamano fato. Ma noi siamo figli della logica, del linguaggio binario e della scienza, che tutto può spiegare. Magari attraverso una successione di numeri che sembra non avere senso, ma solo perché non sappiamo leggerli. O ascoltarli, come il padre del giovane protagonista Jake non riesce a comunicare col figlio. Che le nostre vite siano collegate e riconducibili ad una manciata di cifre? Che qualcuno abbia già scritto da qualche parte la formula del nostro destino? Chissà...ma con o senza l’ex protagonista di “24”, "Touch" è una serie da seguire, anche per chi non possiede una laurea in matematica, ma semplicemente crede o spera che ci sia un raziocinio nelle azioni umane, e che siamo tutti inevitabilmente connessi. Cosa che fa sentire chiunque meno solo, e al tempo stesso dovrebbe far sentire anche tutti più responsabili.

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